"Trasporto Marittimo" incontro con Raffaele Formisano Segretario Regionale Fit Cisl Campania

Un incontro aperto davanti a una tazza di caffe' nella sede della Fit Cisl a Napoli, con il Segretario Regionale della Campania Raffaele Formisano. Abbiamo chiesto un suo contributo per sapere notizie sulla situazione del trasporto marittimo, del registro internazionale, sulla situazione complicata di alcuni territori dove la disoccupazione è piu' sentita.

 
La situazione del trasporto marittimo in Italia sta attraversando un momento di turbolenza essenzialmente legata a due fattori,che tra l’altro sono collegati tra di loro.

Come primo fattore tra gli armatori napoletani tra Onorato e Grimaldi Napoli vi è una guerra commerciale che indirettamente ha generato anche il secondo fattore come la divisione delle associazione armatoriale Confitarma e Assoarmatori che apparentemente collaborano ma, di fatto sostengono ciascuna uno dei due armatori in conflittualità tra loro. Tutto questo chiaramente rende ancora piu' difficile il ruolo sindacale in controversie o rinnovi contrattuali.

Dovremo aggiungere per completare il quadro che il Ministero dei Trasporti non esprime per la parte marittima il ruolo che dovrebbe avere in particolare come mediatore di vertenze e conflittualità.

Ritornando allo scontro armatoriale notiamo che l'armatore Onorato, continua una sua battaglia sull'occupazione marittima nazionale, dichiarandosi l'unico soggetto in campo armatoriale, orientato a tutelare l'occupazione dei nostri marittimi, e questo forse ha generato polemiche pericolose e forse anche offensive dimenticando , il grosso lavoro fatto attraverso la ETF dal sindacato confederale per normare l’attività cabotiera visto che avanzava in Europa l’ipotesi di liberalizzare il cabotaggio, aprendolo a tutte le bandiere comunitarie ma, con le loro regole di bandiera .

Anche qui il sindacato confederale ha fatto in modo che il ministero normalizzasse  questo traffico imponendo tra l’altro l’obbligo ad equipaggio comunitario ,al contratto collettivo nazionale italiano , alla conoscenza della lingua italiana etc….

Ad oggi, l’attività cabotiera è per questo motivo di fatto riservata ai nostri marittimi.

Vi è pero’, una variante,  nel senso che quando questo collegamento con le isole è preceduto o seguito da un viaggio verso un porto straniero le regole inerenti l’equipaggio sono fissate dalla bandiera. Chiaramente chi ha una convenzione con lo Stato e svolge solo servizio con le isole, l’armatore ,in questo caso, ha l’obbligo di rispettare quanto fissato dal ministero.

Per altre società , la situazione è spesso diversa in quanto le navi oltre alle isole, spesso toccano altri porti nel mediterraneo.

Il parlamentare Cociancich, del partito democratico, ha cercato con un  decreto che dovrebbe azzerare la possibilità di applicare la regola di bandiera anche nel caso che collegamento con le isole sia preceduto o seguito da una toccata in porto estero. Questo decreto è attualmente fermo all’attenzione della UE in quanto l’art. 3 della 3577/92 , permette allo stato ospitante di legiferare soltanto sulla parte di collegamento con le isole.

Vedremo quindi,quale sarà la valutazione giuridica da parte della UE.

Quando si ha come riferimento la bandiera è bene ricordare che vi sono bandiere comunitarie che prevedono anche l’utilizzo di personale extracomunitario come avviene del resto anche in bandiera italiana quando la nave è iscritta nel registro internazionale.

Forse è bene ricordare che abbiamo anche un armatore italiano dove ha  un traghetto che opera nel Baltico in bandiera italiana con personale extracomunitario a bordo.

Gli attacchi che vengono fatte alla legge 30 /98 sembrano abbastanza strumentale. Negli anni 80’in un mercato completamente liberalizzato come quello del trasporto marittimo la flotta italiana era ridotta al lumicino, per reggere la concorrenza gli armatori furono costretti a passare le navi in bandiera estera utilizzando personale extracomunitario con costi più bassi.

Poiché non esiste alcuna legge che obblighi un’armatore ad utilizzare la sua bandiera nazionale, l’unica possibilità per richiamarlo in bandiera italiana è stata quella di creare un Registro Internazionale che prevedesse interventi a sostegno naturalmente nell’ambito delle regole comunitarie.

Infatti, gli armatori che rientrarono in questo nuovo sistema erano scaricati dagli oneri sociali del personale, beneficiando in contemporanea della Tonnage Tax ovvero una forma di tassazione semplificata da quel momento,con l’istituzione  della legge 30/98 le navi cominciavano a rientrare in bandiera italiana in Registro Internazionale, raggiungendo il numero di 771.

Pur essendo, l’obbligo all’imbarco di italiani /comunitari limitato a 6 unità, l’occupazione che era totalmente sparita, oggi ha ripreso vigore ed è aumentata di oltre 9000 unità, certamente nelle categorie professionalizzate con il solo riferimento delle navi da carico perché per i traghetti e le navi da crociere i numeri sono ben più alti.

E’ importante allargare l’orizzonte delle nostre valutazioni pensando al grande incremento che con il rientro delle navi si è avuto nel cluster marittimo.

Con lo strumento del registro internazionale , la nostra flotta è ritornata ad essere una delle più importanti nel mondo.,e ciò è fondamentale per un paese come il nostro basato su una economia di trasformazione avendo presente che l’80% delle merci in entrata e in uscita dall’Italia viaggiano via mare.

Attaccare, l’istituzione del registro internazionale significa spingere perché inizi di nuovo una fuga verso l’estero, non a caso dopo una forte strumentalizzazione fatte di proclami e di false promesse, le navi sono scese a 601 e quelle uscite si sono orientate verso Malta peraltro, bandiera comunitaria ma che offre ampia flessibilità rispetto alla Nazionalità dei componenti dell’equipaggio.

Non và dimenticato che il numero degli italiani che oggi lavorano sul mare viene valutato intorno ai 30.000 sapendo che moltissimi specialmente nel mondo delle crociere operano e lavorano in bandiera estera.

Quindi, quando si sente dichiarare che in Italia ci sono 50.000 marittimi disoccupati chiaramente emerge la strumentalizzazione in atto.

Certamente in alcun aree del paese potranno esserci marittimi che non imbarcano ma,se andiamo a ben vedere scopriamo che molti di questi non hanno le caratteristiche professionali a partire dalla lingua inglese che vengono richieste oggi per lavorare a bordo delle navi.

Un altro aspetto riguarda il fatto che sul mercato internazionale secondo recenti ricerche del BIMCO vi è carenza di 48000 ufficiali mentre vi sono disponibili in esubero ben 500.000 marittimi nelle qualifiche più basse.

Ciò fa capire sia come il supposto problema occupazionale ,ammesso che esiste nei numeri che qualcuno presenta, è  legato non tanto alla gestione del registro Internazionale quanto alle carenze di professionalità presente sul mercato. Dobbiamo altresi’ ricordare che il numero dei marittimi impiegati in bandiera estera è forse superiore a quelli impiegati in bandiera nazionale. Il solo gruppo Carnival , per esempio impiega più italiani che l’intero nostro cabotaggio.

Nei prossimi anni le compagnie crocieristiche , visti gli ordinativi,si stima abbiano bisogno di 160.000 marittimi . Quindi, per gli italiani seriamente formati e professionalizzati si aprono spazi occupazionali.

Da questo punto di vista c’è  certamente una carenza di programmazione formativa del Ministero Competente che ha azzerato molte scuole di formazioni e trasformato gli Istituti Nautici in istituti non più specializzati come una volta nella formazione specifica per il lavoro di bordo.

Tutte le premesse, brevemente sin qui illustrate fanno emergere quanto pericoloso possa essere la strumentalizzazione di notizie e si corra il rischio di far saltare l’intero sistema del trasporto marittimo in Bandiera Nazionale.

Affrontare temi e problemi cosi complessi, bisogna subito eliminare  il  clima esasperato che si è venuto a creare, poi c’è bisogno di una forte presenza Sindacale Confederale e di un ‘unica Associazione Datoriale affinchè tutti insieme ci si possa muovere verso la nostra amministrazione per consolidare e rafforzare il nostro sistema del Trasporto marittimo collegandolo  naturalmente al sistema Portuale e a quello delle infrastrutture.

In definitiva il registro internazionale rappresenta per il nostro paese un punto di svolta  qualificante della politica marittima italiana ,che ci ha allineato con linee guida europee tuttora efficaci e lungimiranti, che hanno consentito alla flotta dell’unione di essere oggi il primo vettore al mondo.

Oggi grazie al RI , in Italia , nell’industria dei trasporti marittimi sono impiegati circa 70.000. marittimi di cui 40.000 italiani/comunitari, 30.000 extracomunitari.

La flotta italiana è stata tutta rinnovata e resa quindi competitiva.

Quindi ,oltre alle strumentalizzazioni andrebbero sottolineati questi numeri , e il  lavoro a bordo e la formazione con la nascita di scuole superiore di tecnologie per il mare come l’ITS Giovanni Caboto e l’accademia della marina mercantile di Genova che ogni anno formano centinaia di nuovi futuri capitani e non solo, ma anche specialisti  nell’ hotellerie .

Voglio concludere dicendo che il mercato esiste ed è ampio ma solo se c’è buona formazione e buona professionalità.

 

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