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10 Aprile 1991, quel maledetto giorno che nessuno dimenticherà mai

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COSI' PIANGE IL PAESE DEI MARINAI   12 Aprile  1991 "Dall'archivio giornale "La Repubblica" 

 

TORRE DEL GRECO Per ogni sciagura in mare, la metà dei colpiti è di Torre del Greco. La storia di un paese di marittimi sembra scritta in questa terribile frase che il sindaco continua a ripetere nella sala affollata. Sul traghetto c' erano diciotto campani. Sette torresi e sette di Ercolano sono dispersi, solo quattro sono scampati al disastro: tre erano in licenza, uno si è salvato buttandosi in mare. Il lutto cittadino è una triste routine che si ripeterà anche questa volta. Le speranze finiscono a mezzogiorno di giovedì: sette dell' equipaggio erano iscritti al compartimento marittimo torrese. Ufficiali, camerieri, garzoni, mozzi, marò. Appena appresa la notizia, un gruppo di famiglie si mettono su un treno e corrono a Livorno. Nella città toscana le famiglie, disorientate, non sanno a chi fare capo: difficili i collegamenti con il porto, impossibili quelli con la compagnia di navigazione.

La Navarma Lines, di proprietà di un vecchio armatore anche lui originario di Torre del Greco, ha sede a Portoferraio. Un nucleo operativo Intanto a Napoli alle sette di mattina, il Comune costituisce un nucleo operativo presso i vigili. Frenetiche le operazioni per rimettere insieme quello che appare come un incomprensibile puzzle: la dinamica dell' incidente, le cause, i nomi delle vittime. Al primo piano dell' edificio della ex pretura, ora riservato ai vigili, si riunisce una task force di esperti presieduta dal sindaco, l' avvocato Salvatore Polese. Accanto alla sua scrivania c' è l' assessore Ciro Iacomino, ispettore navale, il comandante Raiola, presidente della consulta marittima, tutti e due sono stati molti anni sul ponte di comando di una nave. Per lupi di mare come loro, la tragedia ha dell' incredibile. A una velocità di cinque, sei miglia, che è quella di solito mantenuta dalle navi in uscita, afferma Raiola con l' intero staff dirigente al suo posto, l' unica cosa che può essere accaduta è che si sia bloccato il timone. Ma le ipotesi si rincorrono: è possibile che il pilota in manovra del Moby Prince non abbia visto la stazza da 98 mila tonnellate dell' Agip Abruzzo?

Ai tecnici sembra probabile, perché - spiegano - nella parte centrale dello scafo non ci sono luci. Intanto i telefoni squillano di continuo. Le capitanerie di porto, persino la prefettura di Napoli chiedono informazioni. Una per una, ecco altre famiglie. Arrivano tutti con il cuore in gola e un filo di speranza: che i loro parenti siano vivi, barricati dietro una porta tagliafuoco a tenuta stagna. L' amministrazione si mette in moto. Un torpedone porterà a Livorno i parenti che non hanno potuto ancora muoversi. Il sindaco parla al telefono con Alessio Bertrand, il mozzo ercolanese, unico superstite della sciagura: E' stato terribile. Ho visto morire due amici, poi mi sono gettato da sopravento. Per fortuna e per caso qualcun altro si è salvato. Il secondo ufficiale, che era sbarcato in riserva, Gennaro Lombardo, 25 anni, era già tornato a casa. State tranquilli, non ero a bordo, dice telefonando ai suoi Ciro Langella, 50 anni, direttore di macchina in soprannumero: al momento dell' incidente era all' isola d' Elba. L' elenco degli scampati aumenta: il nostromo Ciro Di Lauro, di Ercolano era a casa in ferie. Da piazza Santa Croce, ora deserta, si vede il mare. Un proverbio di qui sostiene che ha sempre portato soldi e disgrazie. Lo grida la madre della vittima più giovane dell' incidente del Moby Prince, Ciro Frulio. Aveva diciannove anni, il 29 aprile doveva partire per il servizio di leva. Luisa Palomba si stringe agli altri quattro figli e al marito carpentiere, in una stanzetta affollata di amici e parenti e piange disperata. Entra il sindaco, che sta facendo visita alle famiglie dei dispersi, e l' abbraccia. Promette di provvedere a un nuovo alloggio. Tra le lacrime, dice la madre: Ciro era al suo terzo imbarco. Lavorava da quando aveva sei anni, faceva il pescivendolo. Sul tavolo del soggiorno, la fotografia di Ciro: una faccia da ragazzino, ha addosso per scherzo l' impermeabile da militare del fratello più grande. I Frulio, che vivono in condizioni da baraccati, erano stati sfrattati e Ciro, che era il terzo figlio, si era imbarcato un mese fa come barista sulla linea Livorno-Olbia per dare una mano ai suoi. Aspettava la sua prima paga per spedire i soldi a casa. Centomila abitanti Così la Moby Prince diventa un altro nome di morte per i centomila abitanti di Torre del Greco, dodicimila dei quali iscritti negli elenchi del compartimento marittimo. Si aggiunge a quelli della Marina di Aequa e dell' Andrea Doria. Tre navi, tre tragedie. Il transatlantico si portò in fondo al mare 27 marittimi torresi: 354 su 700 membri dell' equipaggio erano di Torre del Greco. Undici anni fa, il dramma della motonave Marina di Aequa: 5 i morti nel golfo di Guascogna. Qualche anno prima, al largo di Castellammare era colata a picco la Stabia I, e altri marò avevano perso la vita.

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