LA SICUREZZA DEL LAVORO SULLE NAVI E LA MANCANZA DI UNA VERA POLITICA DI PREVENZIONE/REPRESSIONE

di Paolo FANTAPPIE' *

Il tema della sicurezza sul lavoro ed in particolare a bordo delle navi rappresenta una delle principali emergenze che caratterizzano il mondo dello shipping. Specialmente in questi ultimi anni il numero degli infortuni è aumentato in maniera considerevole ed in particolare sia quelli mortali che quelli con lesioni personali gravi. Infortuni che hanno coinvolto marittimi di ogni qualifica e grado sia durante la navigazione che durante prestazioni di lavoro rese quando il mezzo nautico è fermo in porto. Nonostante la tecnologia stia facendo passi da gigante anche nel settore marittimo non si riesce a ridurre in maniera strutturale la percentuale degli infortuni. Sia chiaro, qualsiasi persona che voglia sostenere la sicurezza totale con l’eliminazione di qualsiasi infortunio sul lavoro, racconterebbe una falsità. La sicurezza può essere elevata e migliorata sempre in modo da rendere quasi impercettibile la percentuale degli infortuni. Gli infortuni a livello “zero” non possono essere una condizione verificabile purtroppo. Detto ciò però dobbiamo capire perché ancora assistiamo ad un numero cosi importante di infortuni sul lavoro.

Per fare questo dobbiamo valutare se esistono leggi, normative e regolamenti sufficienti a determinare quali siano le condizioni di sicurezza a bordo ed a terra. In questo senso sia la legislazione Italiana che quella comunitaria offrono un ventaglio di coperture e di sanzioni importanti e restrittive tali da escludere a priori la programmazione di ulteriore dettato legislativo. Unico punto ancora deficitario che permetterebbe di completare il quadro giuridico su tale argomento, è rappresentato dalla mancanza di decreti attuativi relativi alla legge 271/99 sulla sicurezza in campo marittimo oltre ad un collegamento con il relativo testo unico previsto dalla legge 81/2008.

A parte quanto sopra, siamo però nelle condizioni di poter affermare di trovarci di fronte ad un robusto argine legislativo che detta precise procedure e regole sul tema sicurezza oltre alle relative sanzioni. Va ricordato che nella legislazione legata al mondo del lavoro, molti reati penali per violazioni di norme e regolamenti, sono stati derubricati in sanzioni amministrative. Unica eccezione va fatta per i reati legati al non rispetto delle leggi che regolano la sicurezza del lavoro; in questo caso permane l’applicazione del codice penale e di procedura penale per i responsabili che hanno violato la legge.

Di solito, in questo campo, si tratta di condotte caratterizzate da negligenza, imprudenza ed imperizia che spesso vengono attribuite al lavoratore / marittimo che perde la vita o rimane gravemente infortunato e meno al responsabile alla sicurezza ovvero al datore di lavoro/ armatore. Quindi parliamo nella fattispecie di reati colposi anche se alcune volte, poche per la verità, assistiamo a rilievi dolosi della condotta del soggetto a cui vengono attribuite le responsabilità. Quindi evidenziato che non esistono particolari e gravi lacune normative e di legge, passiamo invece ad esaminare le procedure di prevenzione che dovrebbero scongiurare gli infortuni a bordo delle navi. In questo caso registriamo una procedura molto strutturata che prevede la predisposizione di tutta una serie di registri e di incombenze che molti marittimi a bordo devono espletare, in particolare per chi ricopre ruoli di comando e di vertice all’interno dell’equipaggio. Questo vuol dire la predisposizione di tanta carta firmata e controfirmata che serve a dimostrare come la nave e l’equipaggio si trovino in perfetta armonia e rispetto delle normative previste. Quello che manca spesso è il riscontro tra ciò che prevede la documentazione cartacea e ciò che veramente si può individuare sui bordi e nell’organizzazione stessa del lavoro sulla nave. Da questo discorso nasce la consapevolezza che mancano anche puntuali e numerosi controlli che vadano a fare una valutazione molto più approfondita di tutto ciò che rappresenta la parola sicurezza a “ bordo”.

Le Capitanerie di porto esercitano il loro ruolo ma hanno troppe incombenze da dover svolgere e poche risorse ed uomini con cui poter operare in maniera efficiente ed efficace.

Un primo intervento pertanto dovrà essere fatto qui ovvero nella predisposizione di maggiori risorse atte al controllo e quindi alla repressione di condotte che violano la normativa in materia. Maggior forza, quindi, agli organi di vigilanza che devono svolgere il loro lavoro con la possibilità di poter essere supportati da risorse finanziarie e da un numero di personale congruo al lavoro a loro assegnato. Inoltre servono anche maggiori investimenti da parte degli armatori su tale tema che resta ancora, per alcuni di loro, come un costo da sostenere e non una risorsa in cui investire. Dovrebbero essere stanziati molti più soldi di quelli che vengono spesi fino ad oggi per la sicurezza.

Quando parlo di stanziamenti, in primis mi riferisco alla predisposizione di equipaggi più numerosi ovvero di tabelle di armamento più generose rispetto a quelle attuali. L’equivalenza più marittimi a bordo uguale meno carichi di lavoro e meno stress e quindi meno possibilità di sbagliare ed infortunarsi è sempre vera e reale. Da qui dobbiamo ripartire anche come sindacato: imporsi maggiormente sul numero dei marittimi imbarcati e sulla revisione delle tabelle di armamento.

Gli eccessivi carichi di lavoro a bordo non vanno d’accordo con una sicurezza in linea con i principi cardini previsti dal dettato legislativo. Inoltre servono molti più briefng e riunioni prima di iniziare un lavoro; è opportuno individuare durante la giornata lavorativa e prima di iniziare qualsiasi prestazione, un momento di riunione più lungo e dettagliato con una pianificazione più puntuale delle attività che dovranno svolgersi in modo da valutare in quella circostanza tutti i rischi e le opportune cautele che dovranno essere prese.

Anche in questo caso si tratta di predisporre maggiore tempo a questi momenti e quindi anche rinunciare ad una percentuale di profitti in luogo di maggiore sicurezza.

Altro capitolo importante, sempre relativo agli investimenti che dovrebbero essere fatti dall’armatore, riguarda il rinnovamento del naviglio. Troppo spesso si sente parlare di “carrette” che navigano nei nostri mari con 20 e più anni di anzianità. Alcune volte addirittura passate di proprietà tra vari armatori, successivamente dismesse per poi essere ristrutturate e rimesse ancora di nuovo in navigazione. Su queste ultime considerazioni si dovrebbe creare una normativa ad hoc per valutare tempi e vincoli più stringenti.

Infatti non c'è dubbio che una nave nuova possa determinare maggior performance sulla sicurezza, riducendo fortemente le possibilità di incidenti sul lavoro.

Concludendo: sulla sicurezza c’è ancora tanto da fare, a partire dalla consapevolezza che manca ancora una cultura della sicurezza all’interno dei nostri posti di lavoro e che ancora si spende troppo poco per la stessa. Inoltre è opportuno fare qualcosa di più in termini di prevenzione e di repressione. Il sindacato su tutto ciò può ancora "fare tanto e dire tanto” e lo deve fare ancora di più di ciò che sta facendo già egregiamente. Non si può morire per il lavoro e nemmeno infortunarsi gravemente. La sicurezza dovrà essere un tema fondamentale per il sindacato se non quello prioritario rispetto a tutti gli altri argomenti ancora in discussione.

◆ * Segretario Nazionale Uiltrasporti

 

Le foto e gli articoli presenti su "Torre d'amare" sono stati in parte presi da internet, e quindi valutati di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, non avranno che da segnalarlo alla redazione, che provvederà prontamente alla rimozione

Per contatti con la nostra Redazione torredamare@virgilio.it