AMIANTO E MARITTIMI – Brevi appunti operativi
23 ottobre 2016
AMIANTO E MARITTIMI
Brevi appunti operativi
L’attività svolta dal personale
imbarcato in moto/navi – turbo/navi nel corso degli anni,
soprattutto a bordo di navi di vecchia costruzione (antecedenti
agli anni 90) ha certamente comportato un’esposizione a fibre di
amianto posto che, come è noto, tale materiale è stato
costantemente ed abbondantemente utilizzato nell’ambito della
cantieristica navale.
Con queste brevi note cercheremo di riassumere quali diritti in
capo ai lavoratori ed eventuali aventi causa (vedove, figli e
altri eventuali eredi) possono derivare dall’esposizione ad
amianto subita dai marittimi durante la loro attività
lavorativa.
– I –
BENEFICI PREVIDENZIALI
c.d. “Legge Amianto”
Il comma VIII dell’art. 13 della L. 257/92 come modificato dalla
Legge legge del 4 agosto 1993 n. 271 testualmente recita:
“Per i lavoratori che siano stati esposti all’amianto per un
periodo superiore a dieci anni, l’intero periodo lavorativo
soggetto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie
professionali derivanti dall’esposizione all’amianto, gestita
dall’Inail, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni
pensionistiche, per il coefficiente di 1,5”.
Gli orientamenti interpretativi relativamente a questa norma che
nel corso degli anni si sono consolidati sono noti: il
lavoratore che riteneva di essere stato esposto all’amianto per
almeno dieci anni che non fosse già titolare di pensione di
anzianità o di vecchiaia ovvero di inabilità alla data di
entrata in vigore della L. 257/92 (28 aprile 1992) e che non
avesse già maturato una anzianità contributiva pari a 40 anni
(la massima consentita) poteva chiedere giudizialmente, in ogni
momento, di provare il fatto costitutivo del proprio diritto
(esposizione ad amianto) e chiedere conseguentemente la condanna
dell’INPS (ovvero di altro ente erogatore del trattamento
pensionistico) – unico contraddittore – ad effettuare la
rivalutazione della propria anzianità contributiva relativamente
al periodo di esposizione ad amianto per il coefficiente di 1,5.
Sennonché il legislatore, con un blitz (ci si permetta il
termine), con il D.L. 30 settembre 2003 (entrato in vigore il
successivo 1° ottobre 2003) – non a caso rubricato “disposizioni
urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione
dell’andamento dei conti pubblici” – interviene nell’ambito
della normativa relativa alla applicazione dei benefici della
c.d. legge amianto stabilendo che
“1. A decorrere dal 1° ottobre 2003, il coefficiente stabilito
dall’articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, è
ridotto da 1,5 a 1,25. Con la stessa decorrenza, il predetto
coefficiente moltiplicatore si applica ai soli fini della
determinazione dell’ importo delle prestazioni pensionistiche e
non della maturazione del diritto di accesso alle medesime.
2.
Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai
lavoratori a cui sono state rilasciate dall’ INAIL le
certificazioni relative all’esposizione all’ amianto sulla base
degli atti d’indirizzo emanati sulla materia dal Ministero del
lavoro e delle politiche sociali antecedentemente alla data di
entrata in vigore del presente decreto.
3.Con la stessa
decorrenza prevista al comma 1, i benefici di cui all’articolo
13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, sono concessi
esclusivamente ai lavoratori iscritti all’assicurazione
obbligatoria contro le malattie professionali, gestita
dall’INAIL (1), che, per un periodo non inferiore a dieci anni,
sono stati esposti all’amianto in concentrazione media annua non
inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al
giorno. I predetti limiti non si applicano ai lavoratori per i
quali sia stata accertata una malattia professionale a causa
dell’esposizione all’amianto, ai sensi del testo unico delle
disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con
D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124.
4.La sussistenza e la durata
dell’esposizione all’amianto di cui al comma 3 sono accertate e
certificate dall’INAIL.
5. I lavoratori che intendano ottenere
il riconoscimento dei benefici di cui al comma 3, compresi
quelli a cui è stata rilasciata certificazione dall’INAIL prima
dello ottobre 2003, devono presentare domanda alla Sede INAIL di
residenza entro 180 giorni dalla data di pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale di cui al comma
6, a pena di decadenza del diritto agli stessi benefici.
6. Le
modalità di attuazione del presente articolo sono stabilite con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da
emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
del presente decreto”.
Con la Legge Finanziaria (24.12.2003 n. 350 art. 3 comma 132) il
legislatore interviene nuovamente disponendo: “In favore di
lavoratori che abbiano già maturato alla data del 2 ottobre 2003
il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui
all’art. 13 comma 8 delle Legge 257/92 e successive
modificazioni sono fatte salve le disposizioni previgenti alla
medesima data del 2 ottobre 2003.
La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a
coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL o
che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la
stessa data. Restano valide le certificazioni già rilasciate
dall’INAIL”.
Premesso i sopra esposti riferimenti normativi possiamo ora
riassumere, con particolare, riferimento ai marittimi, che per
poter eventualmente beneficiare dell’aumento figurativo dei
contributi di cui sopra il lavoratore:
deve avere presentato, entro la data del 15 giugno del 2005,
domanda all’INAIL per ottenere i benefici previsti dalla legge
citata;
deve, in caso di mancata o negativa risposta da parte dell’INAIL
(ovvero dell’IPSEMA prima che tale Ente venisse assorbito
dall’Inail) dimostrare di essere stato esposto ad amianto per un
periodo di almeno dieci anni ovvero, ritenuto che i marittimo
hanno fisiologicamente lunghi periodi di sbarco, pari ad almeno
521 settimane di contributi versati in relazione alla effettiva
attività lavorativa;
In relazione a tale ultimo requisito (prova della esposizione ad
amianto in misura superiore ad un limite stabilito dalla legge
100ff/litro) è utile avere copia dell’estratto matricola o
libretto di navigazione dal quale risulti il ruolo ricoperto
durante il periodo (mozzo, marinaio, ufficiale di coperta,
ufficiale di macchina ecc…) sia per navi militari che
mercantili.
Dobbiamo ancora sottolineare che in un eventuale giudizio la
prova della esposizione può essere raggiunta con testimoni che
confermino le effettive attività lavorative svolte
dall’interessato, imbarco per imbarco.
Certamente per coloro che hanno ricoperto il ruolo di addetto
apparato motore (sia ufficiali che non) la prova sarà più
agevole poiché è noto che numerosi, anche durante la
navigazione, erano gli interventi su impianti o parti di essi
della sala macchine coibentati con amianto.
In ogni caso ciascuna posizione dovrà essere attentamente
valutata per verificare se vi siano concrete probabilità di
successo.
* * *
Sempre ai fini previdenziali, cioè al fine di vedere aumentare
la propria posizione contributiva utile per il diritto a
pensione o utile ai fini dell’aumento della misura della
pensione, è opportuno fare cenno al comma VII del citato
articolo 13 della legge 257/92 che prevede l’attribuzione dei
benefici nel caso in cui a causa dell’esposizione ad amianto il
lavoratore abbia contratto una malattia professionale
riconosciuta come tale dall’INAIL.
In questo caso si prescinde dal minimo temporale dei dieci anni
nonché dalla soglia minima di esposizione (100ff/litro) sopra
citata.
Unico presupposto è l’avvenuto riconoscimento (anche in via
giudiziale) di una malattia professionale amianto-correlata di
cui andiamo a trattare nel successivo punto.
– II –
Riconoscimento di rendite o indennizzi da parte dell’INAIL (ex
IPSEMA)
L’esposizione ad amianto, come accennato, può causare
l’insorgenza di malattie quali, tra le più note: placche
pleuriche, ispessimenti pleurici, asbestosi, mesotelioma
pleurico, tumori al polmone ed altre forme tumorali.
L’INAIL per legge garantisce l’erogazione di provvidenze
economiche sia in forma di una tantum che di rendita mensile
quanto una data patologia sia stata causata o concausata
dall’esposizione a rischio subita nel corso dell’attività
lavorativa.
Nel caso dei marittimi, diciamo subito, che l’eventuale
esposizione al rischio, nel nostro caso ad amianto, deve essere
stata subita a bordo di navi battenti bandiera nazionale.
La procedura prevede la presentazione di una domanda
amministrativa all’esito della quale, in caso di mancato
accoglimento, si potrà adire l’autorità giudiziaria.
Anche in questo caso bisogna dare la prova dell’esposizione ad
amianto; la prova, però, sarà certamente più facile perché non
necessariamente bisogna dimostrare il superamento della soglia
di 100ff/litro.
Le provvidenze economiche spettano in primis al lavoratore e al
coniuge superstite nel caso in cui il decesso del lavoratore sia
stato causato o concausato dalla malattia professionale (cd.
Rendita ai superstiti).
Come detto l’INAIL eroga:
una somma una tantum a titolo di danno biologico nel caso in cui
la MP professionale comporti una invalidità permanente (c.d. IP)
pari al 6% e non superiore al 15%,
una rendita mensile nel caso di IP dal 16% in su.
La rendita ai superstiti spetta sotto forma di rendita mensile
vitalizia.
Anche in questi casi sarà necessario valutare caso per caso la
eventuale fattibilità di un contenzioso giudiziario.
– III –
Risarcimento dei danni contro il (od i ) datore/i di lavoro per
danno biologico
Nel caso in cui un lavoratore si ammali a causa dell’attività
lavorativa (per malattie correlate ad esposizione ad amianto
così come per ogni altra malattia collegata al lavoro) vi è la
possibilità, in presenza di determinati presupposti fattuali, di
poter chiedere il risarcimento dei danni subiti alla propria
integrità psico-fisica al datore di lavoro (armatore), oltre – e
quindi in aggiunta – a quanto eventualmente ottenuto (in
presenza dei presupposti di legge) da parte dell’Inail sulla
base di quanto esposto nel paragrafo precedente.
Tale facoltà spetta personalmente anche ai parenti stretti
(coniuge, figli, ascendenti e fratelli) di colui che dovesse
perdere la vita a causa della malattia professionale.
Le fonti normative su cui basare la responsabilità del datore di
lavoro in ordine alla lesione dell’integrità psico-fisica dei
propri dipendenti possono individuarsi nell’art. 38 della
Costituzione, negli art.. 2087 c.c. e 2043 c.c. nonché nella
violazione delle norme speciali volte alla tutela della salute
dei lavorati.
La Corte di Cassazione ha ribadito che la normativa speciale di
prevenzione non esaurisce l’obbligo di prevenzione e profilassi
del datore di lavoro rispetto ai lavoratori poiché si deve tener
conto anche dell’art. 2087 cod.civ. che, nel sancire come dovere
fondamentale dell’imprenditore quello di provvedere alla tutela
della integrità fisica del prestatore d’opera, ha un valore
sussidiario rispetto appunto alla normativa speciale dettata per
la prevenzione degli infortuni sul lavoro in quanto presuppone
che risultino insufficienti o inadeguate le misure all’uopo
previste dalla detta normativa speciale (cfr. Cass. Civile
sezione lavoro 09 maggio 1998, n. 4721).
L’art. 2087 c.c. insomma, secondo detto autorevole e ormai
consolidato orientamento, “impone un obbligo dell’imprenditore
di adottare, indipendentemente dalle disposizioni
antinfortunistiche predisposte dalla legge in via generale o in
relazione a determinate attività lavorative, tutte le cautele
necessarie, secondo l’esperienza e la tecnica, a tutelare
l’integrità fisica dei dipendenti, anche quando questi siano
stati regolarmente assicurati” (cfr. Cass. citata).
La norma contenuta nell’art. 2087 c.c. è “in sostanza una norma
aperta volta a supplire alle lacune di una disciplina speciale
che non può prevedere ogni fattore di rischio. Una norma, tra
l’altro, che tiene conto del fatto che la violazione di norme di
prevenzione speciale resta sovente impunita per le gravi carenze
strutturali ed organizzative degli organismi preposti ai
controlli ed alla vigilanza” (cfr. Cass. citata).
Nell’ambito della applicazione dei principi sopra esposti la
Corte di Cassazione ha altresì specificato che onere del
lavoratore, che lamenti di avere subito, a causa dell’attività
lavorativa svolta, un danno alla salute, è quello di provare
l’esistenza del danno, la nocività dell’ambiente di lavoro ed il
nesso causale tra l’uno e l’altro.
Il datore di lavoro di contro una volta fornita detta prova deve
ritenersi responsabile in relazione al danno lamentato dal
lavoratore a meno che il primo (datore di lavoro) non dia la
prova di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire
il verificarsi del danno alla salute dei propri dipendenti.
E’ stato altresì specificato , per completezza, che la
responsabilità del datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c.
non configura una ipotesi di responsabilità oggettiva posto che
“deve negarsi la responsabilità ogni volta che la prestazione
non era eseguibile, la diligenza richiesta non era esigibile” e
che “non può pretendersi l’adozione di accorgimenti per
fronteggiare evenienze infortunistiche assolutamente impensabili
ed eccezionali alla comune esperienza” (cfr. Cass. citata).
Alla luce di quanto sopra esposto nell’ambito dell’attività
svolta a bordo di navi, sappiamo che le stesse, di regola, non
erano dotate di alcun strumento e/o impianto e/o misura atta ad
evitare il contatto (o meglio l’esposizione) dei lavoratori ad
amianto.
In eventuali contenziosi giudiziari sarà pertanto per i
lavoratori (o i suoi eredi) sufficiente provare la nocività
dell’ambiente di lavoro, la malattia contratta ed il nesso
causale.
La misura del risarcimento varia da caso a caso ma di norma
rappresenta importi rilevanti (mediamente nell’ordine di forti
somme anche se, ovviamente purtroppo, in misura sempre
insufficiente a riparare la perdita della vita o il bene
primario che è la salute.
Anche per queste ipotesi molto importante è la disamina di ogni
singolo caso onde poter dare i consigli migliori per la tutela
dei diritti.
Avv. Prof. Carlo Golda
Professore a contratto
nell’Università di Genova
Gli interessati possono prendere
contatto con il v.presidente com.te Andrea Allotta andrea.allotta@cosmar.org cell.
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Ad maiora…!
Giorgio Blandina/Presidente
COSMAR - Comitato a Salvaguardia della Dignità dei Marittimi
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